Dalla scorsa estate una nuova
parola carica di inquietanti significati è entrata nel quotidiano lessico degli
Italiani, ispirando le scelte di politica economica e gli interventi nel
settore pensionistico del governo e incidendo profondamente nelle
condizioni di vita materiali dei
cittadini. Stiamo parlando dello spread
che indica il differenziale di rendimento tra i titoli di debito emessi dallo
stato italiano (BOT, CCT) e quelli emessi
dallo stato tedesco (BUND). Le manovre
del governo avevano come obiettivo quello di far diminuire lo spread, ovvero far calare la differenza
tra i tassi di interesse dei titoli di stato italiani e tedeschi. Quindi lo spread indica una differenza
quanti/qualitativa tra due situazioni comparabili.
Ciò detto esiste un altro spread che condiziona la vita di centinaia
di migliaia di cittadini italiani e che per ciò meriterebbe di entrare
nell’agenda e nel dibattito politico nazionale. Stiamo parlando dello spread dei diritti ovvero della
drammatica differenza che esiste tra l’Italia e gli altri paesi europei nel
riconoscimento dei diritti civili. Recentemente ce lo ha ricordato una sentenza
della Corte di Cassazione che, chiamata a pronunciarsi sul riconoscimento di un
matrimonio omosessuale contratto in Olanda da una coppia italiana, ha negato la
trascrizione del matrimonio a causa della lacuna nella legislazione italiana
affermando tuttavia che: ”… una coppia di
fatto, nell’impossibilità legislativa a contrarre matrimonio in Italia, ha
diritto a vivere liberamente la propria condizione con pari diritti rispetto
alle coppie etero”. La sentenza della corte sembra aprire la strada
affinché le coppie LGBT si rivolgano al giudice ordinario finché il Parlamento
non provvederà a legiferare in materia. In questa maniera si assisterebbe però
ad un riconoscimento dipendente dalle singole sentenza e perciò variabile e non
uniforme a livello nazionale.
Ma quale è la situazione negli
altri paesi europei? Nei maggiori paesi dell’Unione (GB, Germania, Francia,
Spagna, Olanda solo per citarne alcuni) esistono differenti forme di
riconoscimento delle coppie di fatto, omosessuali o non, che prevedono diversi
gradi di tutela. I nomi che assumono sono vari tuttavia esiste un nucleo di
diritti che viene previsto in tutti gli ordinamenti legislativi: dai diritti di
successione alla previdenza sociale, dall’assistenza sanitaria ai congedi in
caso di eventi gravi del partner insomma tutte quelle tutele che permettono di
vivere serenamente una vita di coppia.
In questo scenario l’Italia si
distingue per la completa assenza di una disciplina normativa che regolamenti
la materia. Nella passata legislatura si era assistito al timido tentativo del
governo Prodi di introdurre, attraverso i DICO, il riconoscimento delle coppie
di fatto. Tentativo naufragato tra l’ipocrisia del family day e la fragilità del sostegno parlamentare. Stessa sorte è
toccata al disegno di legge contro l’omofobia presentato nell’attuale
legislatura. Nel frattempo i fatti di cronaca ci hanno raccontato di soprusi,
prepotenze, violenze e pestaggi a danno di coppie omosessuali. Ultima in ordine
temporale quella verificatesi in una discoteca di Varesotto dove una coppia gay
è stata malmenata da un buttafuori mentre ballava sul cubo. Questo clima di
intolleranza omofoba viene poi alimentato dalle continue dichiarazioni di
esponenti politici irresponsabili. Ricordate quanto detto recentemente dall’ex
ministro Giovanardi (due donne che si baciano come chi fa pipi per strada)?
In questo contesto di generale
squallore e inciviltà si intravede però una piccola speranza rappresentata da
un progetto di legge presentato dal PD e
dall’IDV che mira a regolamentare le unioni civili e dare quindi alle coppie di
fatto gli stessi diritti della famiglia fondata sul matrimonio. Non resta che
sperare che questo parlamento, fulminato sulla via di Damasco, decida di dare
dignità a centinaia di migliaia di coppie italiane avvicinandoci all’Europa e
cercando di diminuire, ancora una volta, questo maledetto spread.
Alex Paiella
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