martedì 29 marzo 2011

Dalla Parte Della Pace

Anche se molti non lo ricordano quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario della prima “marcia della pace”. Il 24 Settembre 1961, Aldo Capitini, socialista liberale, e Giorgio La Pira, cristiano sociale, marciarono con pochissimi altri coraggiosi da Perugia ad Assisi, per dire un secco no alla pratica più oscena e crudele dell’umanità: la guerra. Alcuni li chiamarono utopisti, altri li definirono perfino pazzi. Qualsiasi cosa fossero, tale manifestazione conta oggi la partecipazione di decine di migliaia di persone e si è affermata, a livello nazionale ed internazionale, come uno dei momenti più importanti di attivismo del movimento pacifista. Tutto questo nonostante l’isolamento, umano e politico, che i nostri due sognatori furono costretti a subire. Negli stessi anni infatti, Fabrizio Fabbrini, il primo obiettore di coscienza cattolico, era condannato a sette anni di carcere per essersi sottratto alla leva. Allora come oggi essere pacifisti non è una scelta facile: in molti paesi chi rifiuta il servizio militare è punibile con pene severe, mentre anche negli stati più civili chi si definisce obiettore di coscienza o manifesta contro la guerra è spesso tacciato dall’opinione pubblica di antipatriottismo o, peggio, di tradimento nazionale. I critici più generosi giudicano il pacifismo un’ideale visionario, inconciliabile con la realpolitik praticata da tutti i governi mondiali.. Quella stessa realpolitik per cui già Aristotele diceva: facciamo la guerra per avere la pace. Probabilmente uno dei primi tentativi di legittimare e rendere lecita la pratica dei conflitti. Certamente non l’ultimo, visto che in ogni epoca gli uomini hanno cercato di definire il concetto di guerra giusta e al tempo stesso di stabilirne la legittimità, attraverso regole più o meno esplicite, e comunque sempre violate. L’obiezione mossa ai pacifisti si basa sul principio che esistano conflitti leciti, ad esempio quelli in risposta a politiche di aggressione, o come le sollevazioni per abbattere governi dittatoriali. Chi infatti avrebbe il coraggio di definire illegittima la nostra guerra di Liberazione? Il problema però va spostato su un’altra dimensione: il pacifista non parteggia per uno dei contendenti, il pacifista condanna la guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti tra nazioni, il pacifista lotta democraticamente perché cessino le violenze, il pacifista si mobilita affinché si affermi il principio che le controversie internazionali siano mediate da organismi di arbitrato, il pacifista manifesta perché inizi una vera politica del disarmo. Insomma, oggi come nel passato, alla base del pensiero pacifista vi è la condanna dei conflitti, della loro brutalità e delle azioni atroci ad essi collegati. Poiché è l’atto in sè per sè che deve essere rifiutato e bandito dalle pratiche umane. La nascita dei movimenti per la pace, quindi, pur essendo principalmente un fenomeno moderno, si interseca in un percorso, quello della nonviolenza, presente in molte religioni e in diversi pensatori laici. È comunque nell’ultimo decennio, anche a causa delle guerre in Iraq e in Afghanistan, che il fronte del no alla guerra è cresciuto notevolmente, dimostrandosi capace di organizzare grandi manifestazioni e di muovere coscienze in tutto il mondo. Nelle ultime settimane, ancora una volta il nostro paese, ha deciso di prendere parte all’ennesimo conflitto, quello libico, nonostante l’articolo 11 della nostra costituzione dichiari solennemente che “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. I teorici della legittimità dell’intervento giustificano questa guerra con le ordinarie motivazioni: bloccare lo sterminio dei civili, impedire al dittatore di restare al potere, rendere innocua la minaccia nei confronti dell’occidente. Se si dovesse intervenire militarmente ogni volta che si verificano queste condizioni dovremmo essere trascinati in una serie infinita di operazioni belliche, poiché ancora oggi moltissimo governi non rispettano i basilari diritti dell’uomo e potenzialmente rappresentano una minaccia tanto per i propri cittadini, quanto per i paesi occidentali. Viceversa dalla nascita dell’ONU ( e già in precedenza con la Società delle Nazioni) sono numerosissimi i casi in cui si è deciso per il non intervento, anche in situazioni in cui c’erano tutti i presupposti per giustificare un intervento militare. Nel 1994 , ad esempio, in Ruanda, l’ultimo atto di una sanguinosa guerra civile, fu il genocidio che costò la vita ad 1 milione di esseri umani. La comunità internazionale non mosse una paglia di fronte a questo abominevole massacro: al di là di pochi caschi blu inviati per supportare l’espatrio di cittadini belgi o francesi, non fu mai presa seriamente in esame la possibilità di azioni militari contro l’esercito hutu o i miliziani dell’interhamwe. A questo caso potremmo aggiungere quello della Somalia, in cui la missione “Restore Hope”, guidata dagli USA, si ritirò con un nulla di fatto, senza risolvere alcuna questione di ordine politico, militare e umanitario. Oppure ancora il Sudan, la Cecenia, il Mozambico, la Nigeria etc etc. La verità è che la decisione di intervenire o meno in un determinato scenario è dettata da criteri di carattere economico e geopolitico, che assolutamente nulla c’entrano con i principi filantropici .Tutto questo anche a causa dell’incapacità degli organismi internazionali di arginare le controversie tra stati: svuotati di reali capacità di mediazione e intervento, bloccati da veti incrociati e da delicatissimi equilibri globali, essi appaiono completamente ingessati e ripiegati su se stessi.Il cuore del problema è proprio questo: finché non ci sarà un organismo sovranazionale autonomo, dotato di sufficiente autorità e potere da sanzionare quegli stati che non rispettano i diritti della persona e gli accordi stipulati, sarà assai complicato risolvere le infinite contese tra paesi e guidare le transizioni alla democrazia. Perciò occorre modificare la struttura dell’ONU, annullando o quantomeno limitando il sistema dei veti, rendendo l’organizzazione indipendente dalle scelte di politica estera dei singoli membri e potenziando il corpo dei caschi blu, da impiegare anche in azioni di contrasto al contrabbando di armi. Al tempo stesso va rafforzato il ruolo dell’UE, costruendo una linea diplomatica comune tra gli stati aderenti, alla cui base stiano la difesa dei diritti umani, la lotta alla proliferazione degli armamenti, la fine delle alleanze militari del XX sec.

Nel corso della crisi libica, purtroppo, i principali paesi dell’UE hanno fatto esattamente il contrario di ciò che sarebbe stato auspicabile: agendo come un gruppo di cani sciolti hanno riaffermato la volontà di mettere al primo posto gli interessi nazionali rispetto a quelli della confederazione. In particolare tra tutti il governo italiano, nel corso delle ultime settimane, si è distinto per inettitudine e falsità, dando prova ancora una volta di tutte le sue peggiori caratteristiche. Il doppiogiochismo nei confronti dell’ex alleato ed amico Gheddafi e soprattutto della popolazione libica insorta, l’assoluta ininfluenza nelle decisioni di UE e Alleanza Atlantica, l’incapacità di arginare l’emergenza immigrati. Allo stato attuale dei fatti, con le operazioni militari in mano alla NATO, è augurabile che le diplomazie coinvolte nella crisi lavorino per un cessate il fuoco immediato e affinché la risoluzione dell’ONU , con cui si decretava l’instaurazione di una no fly zone, venga rispettata e non utilizzata come parafulmine per un’ operazione bellica su vasta scala.

Forse nel nostro manifestare per la pace, nel rifiutare la violenza, nella speranza che si giunga ad un’armoniosa convivenza tra i popoli, si nasconde veramente il nostro essere degli illusi o dei pazzi. Tuttavia come diceva Aldo Capitini:

“Sarà pur bene che qualcuno lo faccia: il fuoco viene sempre acceso da un punto”.

Matteo Minelli

domenica 27 marzo 2011

Una Guerra Democratica Non Esiste


L’occidentale viene considerato il mondo democratico e, anche se in fin dei conti non è cosi, si fa garante e portatore di libertà in tutto il mondo, ma come si può portare una democrazia attraverso l’utilizzo di caccia bombardieri, e contraeree?

Dopo la fallimentare “guerra al terrorismo” in Iraq che può essere vista sotto il profilo degli interessi petroliferi, e il campo santo che si è creato in Afghanistan, ci risiamo, nuovamente in campo in una guerra che può essere vista sotto molti profili ma quello forse predominante è l’interesse degli stati occidentali alle fonti petrolifere.

È giusto delegittimare una dittatura oppressiva e atroce nei confronti della propria popolazione, di un regime che bombarda le piazze perche in rivolta, ma allo stesso modo è giusto, in una guerra civile, far intervenire molte nazioni al fianco di uno schieramento o dell’altro? Se una nazione è pronta alla rivoluzione, alla propria libertà vince su tutto, a mani nude riesce a vincere perfino la forza delle bocche di fuoco, come in Egitto: la popolazione in rivolta è riuscita a capovolgere un regime sopportando e contrastando l’esercito che era stato schierato nelle piazze.

Fatto sta che l’Italia è stata, fin dalle prime guerre, forse la nazione più opportunista del mondo, non ha una propria idea che porta in fondo, fino alla fine, ma piuttosto cambia opinione come più gli conviene, ci possiamo riferire alla seconda guerra mondiale con i tedeschi, ci possiamo riferire alla Grande Guerra con gli austriaci, ed ora abbiamo un nuovo esempio fresco : dopo che Gheddafi era ritenuto il nostro “migliore amico” e dopo averlo accolto in poppa magna nella caserma “Salvo D’Acquisto” in Roma, con caroselli a cavallo e manifestazioni varie in suo onore, ci siamo schierati dalla parte della NATO additandolo come un atroce dittatore e mettendo a disposizione i nostri caccia e le nostre basi militare; con il Colonnello abbiamo stretto rapporti affinchè controllasse le proprie coste e fermasse le imbarcazioni dirette verso le nostre coste costringendo cosi a far restare le persone bloccate nel paese libico, sotto lo stesso paese dal quale ora li vogliamo liberare, ma il fatto che era un’atroce dittatore prima non lo si sapeva? Da ricordare che con la Libia abbiamo firmato un trattato nel quale si diceva che in caso di conflitto non saremmo intervenuti e soprattutto non avremmo prestato le nostre basi militari…

Si vede chiaramente una debolezza del Governo incapace di portare a compimento le proprio scelte e proprio idee;

QUANDO LA SITUAZIONE SI FA DURA, IL GOVERNO SMETTE DI GIOCARE E SI ALLEA CON IL PIU FORTE”

Schierarsi dalla parte del più forte e sfruttare al meglio le situazioni in modo opportunistico spesso non è la migliore delle situazioni, perche prima o poi anche i tuoi amici si accorgono del doppio gioco.


Tonicchi Gabriele

martedì 15 marzo 2011

Buon Compleanno Italia!


Noi siamo da secoli
Calpesti, derisi,
Perché non siam popolo,
Perché siam divisi…


Giuriamo far libero
Il suolo natìo:
Uniti per Dio
Chi vincer ci può?...


Stringiamci a coorte
Siam pronti alla morte
L'Italia chiamò…



Esattamente 150 anni fa i giovani italiani morivano per costruire un sogno, il SOGNO ITALIANO, quello di uno stato unitario sotto un unico potere.

SIAM PRONTI ALLA MORTE L’ITALIA CHIAMO!”, i nostri predecessori scendevano in campo canticchiando questa canzone, sapendo di combattere nel nome della Patria, di quella che dovevano conquistare, di quella che dovevano unire.

Una Patria che, dopo i morti e gli innumerevoli sforzi per unirla, vede prospettarsi un profondo e irrefrenabile declino verso quello che viene denominato “federalismo”, frutto di giochi d’interesse, non indirizzato a quello che un tempo veniva considerato Pubblico Interesse; e pensare che sono stati proprio i piemontesi, i ragazzi del Regno di Sardegna i primi a proporre l’Unita del nostro Paese e i primi a metterla in atto attraverso i moti rivoluzionari.


Con questi festeggiamenti, si ha l’occasione di ricordare e di ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile la creazione di uno Stato unito con una Costituzione, sacre ed inviolabile.

Grazie ragazzi che avete seguito le gesta e i piani di persone come Mazzini e Cavour, che avete dedicato la vostra esistenza e spesso la vostra vita al sogno di un’Italia unita, grazie alle 999 camice rosse che sono partite al fianco di Garibaldi nella sua spedizione.

Spero che questo anniversario ci faccia tirare fuori le bandiere dai nostri armadi, ce le faccia guardare, stringendole tra le nostre braccia, e ci faccia chiedere cosa simboleggia per noi il tricolore.

Massimo d’Azeglio disse una frase che tutt’ora riecheggia:

FATTA L’ITALIA BISOGNA FARE GLI ITALIANI”:

ITALIANI che siano pronti a difendere gli ideali che fino ad ora si è cercato di tenere ben saldi; ITALIANI che abbiano il coraggio di urlare a gran voce le proprie idee, e di incoraggiarsi a vicenda, come fece ben 164 anni fa Goffredo Mameli, poco più che ventenne, componendo L’inno nazionale più famoso al mondo, parole profonde, di un profondo senso di nazione e di dovere verso la Patria.



IO SONO ITALIANO E SONO FIERO DI ESSERLO…

Gabriele Tonicchi

domenica 13 marzo 2011

Fukushima: rischio fusione anche per il reattore n.3


Secondo le agenzie Adskronos e Kyodo persiste lo stato di massima allerta presso la centrale nucleare di Fukushima, pesantemente danneggiata dal terremoto dei giorni scorsi. Si continua ad immettere acqua nel reattore numero uno esploso ieri mattina provocando il crollo del soffitto e della gabbia esterna di contenimento. Lo stesso avviene per i reattori due e tre nei quali persistono problemi al sistema di raffreddamento e rischi di aumento di pressione ed esplosioni. Dal sito ufficiale del gestore nazionale TEPCO si apprende che nei reattori 1 e 3 le autorità iniettando insieme ad acqua di mare anche acido borico, una sostanza che ha il compito di catturare neutroni e controllare eventuali reazioni nucleari a catena. Una evenienza quindi quella della fusione nucleare che per questi due reattori non può essere ancora del tutto esclusa.
È chiaro, stiamo vivendo una situazione di incertezza in cui le informazioni ufficiali tendono a ridurre gli allarmismi, minimizzando probabilmente in maniera eccessiva la potenziale gravità della situazione.
Sale infatti il numero delle vittime contaminate, e Kyodo News riporta che almeno 10 casi di contaminazione sono stati accertati fuori dal perimetro dei 20 chilometri considerati a rischio.
Una situazione in rapida evoluzione, con informazioni anche contraddittorie che si susseguono e difficili spesso da verificare. Ci auspichiamo che lo sforzo ed i sacrifici dei tecnici unitamente alla tecnologia a loro disposizione possa scongiurare il peggio, ma tutto questo impone inevitabilmente una riflessione critica sui nostri modelli di sviluppo e sull’opportunità di rivedere anche in Italia i programmi di approvvigionamento energetico.
Certo siamo difronte ad un evento sismico di inaudita violenza ma non dimentichiamoci che stiamo cercando di scongiurare che la catastrofe venga da una delle centrali nucleari sino ad oggi ritenuta tra le più sicure al mondo.

Claudio Santi

Fukushima peggio di Three Mile Island ?


Per cercare di capire cosa sia realmente successo e cosa stia succedendo ora nella centrale nucleare di Fukushima è necessario andare per ordine. I primi allarmi della tarda serata di ieri anche se goffamente banalizzati dalle semplicistiche affermazioni di Chicco Testa su “la 7” oggi sembrano avere un logico quanto preoccupante seguito.

E’ oramai ufficiale che il terremoto di ieri ha provocato danni a due dei reattori della centrale danni che, sommati a quelli subiti dalle infrastrutture ordinarie (energia elettrica e fornitura idrica) hanno determinato lo stato di allerta prima ed emergenza immediatamente dopo. Il problema in questi casi è che il surriscaldamento non controllato del nocciolo determini una fusione del reattore con conseguenze molto simili a quelle che l’umanità ha già sperimentato con Cernobyl. E’ chiaro che se manca l’energia elettrica che fa muovere le pompe e se l’acqua di raffreddamento viene meno perché (come in questo caso) le dighe cedono ed i bacini si svuotano la temperatura del reattore ed un eventuale inizio di fusione del nocciolo non possono più essere controllati. Le notizie sono ancora contrastanti ma la stessa TEPCO (Compagnia Elettrica di Tokyo) nel suo sito riporta che i responsabili della centrale hanno chiesto il permesso di espellere dalla centrale i vapori in sovrapressione con relativa immissione di radioattività nell’ambiente circostante che secondo alcune fonti avrebbe raggiunto livelli mille volti superiori al livello di soglia. Insieme ad isotopi poco preoccupanti preoccupanti come lo Iodio che si dimezza in soli otto giorni e’ stata riscontrata la presenza di Cesio 137, un elemento che dimezza spontaneamente la sua concentrazione quindi la sua radioattività in 30 anni, ma che soprattutto potrebbe stare a significare un problema serio al nocciolo del reattore. Problema che la compagnia elettrica non ha nascosto ammettendo una parziale fusione del reattore n°1 che tuttavia dichiara di avere ora sotto completo controllo, sarebbe interessante sapere anche come ndr. Il rischio che si sta ancora correndo a Fukushima è considerevole se si considera che sono state fatte evacuare 45 mila persone per un raggio di 10 chilometri. Una situazione probabilmente peggiore a quella del più grande disastro nucleare avvenuto negli USA (1979 a Three Mile Island) quando il surriscaldamento del reattore provocò la parziale fusione del nucleo rilasciando nell’atmosfera gas radioattivi pari a 15000 terabequerel (TBq). In quella occasione vennero però evacuate 3.500 persone in un raggio di soli 2 chilometri.

Le notizie che giungono in diretta mentre sto scrivendo non sono rassicuranti, l’ esplosione nell’edificio che ospita il reattore avrebbe provocato il crollo del soffitto e la distruzione della gabbia esterna di contenimento del reattore stesso. La popolazione non evacuata, quella cioè che vive a più di dieci chilometri di distanza dal reattore, è stata invitata dalla tv a mettere in atto tutte le misure di emergenza contro la contaminazione radioattiva, tapparsi in casa, coprire naso e bocca con stracci bagnati, non consumare frutta e verdura. Alla faccia della situazione sotto controllo!

Claudio Santi

venerdì 4 marzo 2011

MOBILITIAMOCI - Contro il biglietto più caro d'Italia

  • Il Dipartimento Giovani Idv Umbria promuove una petizione contro il caro biglietti del comune di Perugia. Sottoscrivila dopo aver preso atto delle nostre proposte cliccando qui (http://www.firmiamo.it/mobilitiamoci)


    Il Comune aumenta del 50% il biglietto unico, scontentando centinaia di studenti e cittadini.

  • Tardiva e inefficace l’introduzione (ancora non effettiva) di un ticket dal costo di un euro per la corsa semplice.

  • Calo drastico delle utenze, aumento del trasporto privato, e ingenti danni alla viabilità urbana e alla qualità dell’aria.

Nessun partito e nessun sindacato studentesco, al di là di sterili e ipocrite lamentele, ha dato il via ad una seria campagna di protesta e sensibilizzazione su questo tema.

Le nostre proposte:

  • Ripristino del biglietto unico da 70 minuti al costo di 1 Euro

  • Introduzione di un biglietto giornaliero al costo di 2,50 Euro

  • Introduzione di un biglietto andata e ritorno al costo di 1,50 Euro

  • Deprezzamento della corsa singola a 0,80 euro

  • Avvio di politiche integrate Regione/Comune per un reale rilancio del trasporto pubblico, tagliando sprechi ed inefficienze

  • Sviluppo di nuovi piani urbani della mobilità, associati a misure di disincentivazione dell’uso dell’auto privata.

  • Promozione di politiche più attente a particolari fasce di utenza: famiglie a basso reddito, studenti, universitari e anziani.


Invitiamo tutti i cittadini del comune e gli studenti dell’Ateneo perugino a firmare la nostra petizione all’interno del Blog idvgiovaniumbria (http://valorie-terni.blogspot.com/) e ad inviarci all’indirizzo e-mail idvgiovaniumbria@libero.it video ed altri materiali a sostegno di questa iniziativa.



Nella sezione "Mobilitiamoci" trovate tutte le info, le ragioni della protesta e i verbali delle delibere del Comune di Perugia, oltre al tariffario completo di biglietti e abbonamenti dopo i rincari.

giovedì 3 marzo 2011

Le segreterie degli studenti si trasferiscono al Polo unico di Medicina di S. Andrea delle Fratte


Se ne parlava da circa 4 mesi del possibile trasferimento delle segreterie degli studenti al Polo unico di Medicina di S. Andrea delle Fratte e ora è arrivata la nota ufficiale da parte del Rettore.

Nella nota si legge che lo spostamento si avrà da giorno 1 Marzo ed è legato alla necessaria realizzazione di interventi di adeguamento edile.

I Giovani dell’Italia dei Valori si pongono una domanda, come è possibile un tale deterioramento della struttura sita in via della Pallotta in così pochi anni di utilizzo? Ma soprattutto perché è stata scelta questa futura destinazione presso il Polo di Medicina?

Lo spostamento presso il Polo di Medicina crea un disservizio per gli studenti delle altre 10 facoltà presenti a Perugia, vista l’eccessiva distanza dal centro storico, e non si prende in considerazione che la maggior parte degli studenti perugini è composta da studenti fuorisede.

Il comune cosa farà per dare la possibilità a tutti gli studenti di raggiungere la nuova ubicazione? forse ci saranno più corse fra il centro storico e il Polo di Medicina, e magari innalzando ulteriormente il costo del biglietto dell’autobus, visto che l’introduzione di nuove corse comporta maggiori spese.

E non solo, ci chiediamo, come il comune vuole risolvere le problematiche parcheggi presso la nuova struttura. Ricordiamo che il parcheggio dell’ospedale S. Maria della Misericordia riesce a malapena ad accogliere le vetture del personale sanitario, docente, visitatori della struttura ospedaliera e studenti. Proprio per questa carenza di posti si era parlato in passato di introdurre un ticket per dissuadere il cittadino ad andare in auto presso la struttura ospedaliera, ma ciò in realtà creerebbe solo un impoverimento degli utenti e un modesto riempimento delle casse comunali.

A seguito del trasferimento delle segreterie degli studenti si avrà un grandissimo incremento di autovetture non solo da parte degli studenti diretti presso le segreterie ma anche da parte del personale di segreteria.

I Giovani dell’ Italia dei Valori aspettano una risposta da parte dell’amministrazione per capire quali saranno le soluzioni, e nel frattempo si muoveranno per risolvere questa situazione di sovraffollamento e disservizio per il cittadino e gli studenti.

Giuseppe Mogavero