In
questi giorni si sono avvicendati commenti sapienti da parte di
“giornalisti” e rappresentanti degli studenti, che critici nei
confronti delle voci del dissenso intorno allo statuto ne
sottolineano l’infondatezza. A loro avviso ricercatori, movimenti,
associazioni studentesche, giovanili di partito che all’unisono
hanno preso le distanze dall’approvazione sarebbero nel migliore
dei casi dei sognatori incapaci di confrontarsi con la realtà, nel
peggiore degli ignoranti che neppure hanno letto il testo dello
statuto e fanno solo opera di demagogia. Per questo ad oggi riteniamo
opportuno entrare nei dettagli del nostro no.
Innanzitutto
partiamo dalle modalità di stesura dello statuto: la commissione
non ha mai reso pubblici i verbali delle sedute, in sostanza
impedendo a tutte le componenti universitarie di informarsi sullo
svolgimento dei lavori. Questo grave atto, è sintomo della scarsa
trasparenza con cui vengono gestiti dei processi fondamentali della
vita dell’ateneo. Processi che dovrebbero caratterizzarsi per
partecipazione e limpidezza sono invece coordinati e indirizzati da
una ristretta oligarchia. I rappresenti degli studenti, mentre a
parole manifestavano il loro dissenso verso tale scelta, di fatto
continuavano a partecipare alle sedute, prendendo parte così a
processi gestionali verticali e privi di alcuna limpidezza. Un serio
segnale di protesta sarebbe potuto essere l’abbandono, quantomeno
momentaneo, dei lavori in corso; gli avremmo dato atto di avere quel
coraggio di cui invece hanno sempre deficitato. Ancora oggi nessuno,
tranne noi, ha suggerito la necessità di convocare un’assemblea
d’ateneo per confrontarsi con gli studenti ed eventualmente indire
un referendum di conferma.
Passando
ai contenuti dello statuto. Una premessa merita il cosiddetto Codice
Etico; si parla letteralmente di “doveri nei confronti della
struttura di appartenenza” . Non vorremo che esso da strumento per
proteggere l’ateneo da abusi e discriminazioni si trasformi in un
escamotage per controllare il dissenso, in particolare tra docenti e
ricercatori, nei confronti della gestione dell’Università.
Veniamo
agli organi di governo dell’Ateneo. Innanzitutto il mandato del
rettore, sebbene non rinnovabile, risulta a nostro avviso
eccessivamente lungo; sei anni, di fatto senza alcun controllo, vista
la tipologia di composizione degli organi, rappresentano un lasso di
tempo utile a consolidare il potere e perseguire una gestione
autoreferenziale della politica universitaria.
Gli
eletti dalla componente studentesca in tutti gli organismi hanno
mandato biennale mentre quelli votati dai docenti restano in carica
tre anni, così come quelli di nomina rettoriale. La rappresentanza
studentesca nel Consiglio d’Amministrazione è pari a quella
designata direttamente dal rettore, che però non possiede alcuna
legittimazione democratica diretta. Il rinnovo delle cariche
studentesche avviene ogni due anni, mentre gli eletti e nominati
delle restanti componenti restano in carica per un mandato triennale.
Ora risulta incomprensibile e totalmente antidemocratico che i
nominati siano parificati agli eletti nel numero e per di più
abbiano anche un incarico di durata maggiore.
La
componente studentesca si ferma al 20% dei membri nel Consiglio
d’amministrazione e nel Senato Accademico, mentre scende al 15%
nei consigli di Dipartimento. Riteniamo che non sia affatto
sufficiente, non ci pare normale che trentamila studenti, che
attraverso le tasse mantengono in piedi tutta la struttura
universitaria , e al tempo stesso con i propri consumi fanno muovere
l’economia di una intera città, debbano essere parte largamente
minoritaria negli organi di rappresentanza. Sappiamo bene che alla
base di tale iniquo sistema vi sono le indicazioni imposte dalla
riforma, tuttavia crediamo che si poteva fare molto di più.
In
testa la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane , che al
di la di opportunistiche e lamentele, avrebbe dovuto bloccare
l’iter procedurale della stesura dei nuovi statuti. Mentre a
Perugia e in altri atenei, le imposizione della riforma sono state
recepite mantenendo inalterato il sistema obsoleto e oligarchico di
governo dell’università. Nel corso degli anni i rappresentanti
degli studenti di tutti i colori politici hanno sempre giustificato i
loro insuccessi e le limitate vittorie, sostenendo che i rapporti di
forza all’interno degli organi di gestione dell’ateneo non
permettevano loro di ottenere maggiori rivendicazioni. E quindi
risulta incomprensibile il fatto che abbiano avallato per l’ennesima
volta un assetto istituzionale in cui il parere degli universitari
non è vincolante in alcun organismo. Il risultato è quello che gli
studenti si troveranno ad essere una maggioranza silenziosa
all’interno del mondo universitario, mentre saranno una minoranza
afona nelle istituzioni. Simile la sorte dell’altra componente
storicamente “debole” quella dei ricercatori , anch’essa
penalizzata fortemente in termini di rappresentanza e impossibilitata
ad incidere nelle decisioni strategiche. Non riusciremo mai a
costruire un’università moderna, capace di offrire servizi
avanzati ed elaborare un prodotto scientifico all’avanguardia, se
non daremo maggiore peso decisionale alle uniche componenti capaci di
indirizzarci verso il futuro.
Giovani
Italia dei Valori Umbria
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